IO-BIO

No, non mi sono istupidita di botto (non più del solito, almeno) e non ho iniziato a passare il tempo con i giochi di parole.

E’che siamo bombardati, da ogni fronte e con ogni mezzo, da inni e ispirazioni alla cosiddetta vita BIO.

Vivi Bio! Mangia Bio! Pensa Bio! 

Instagram, per chi lo usa (io confesso: sono addicted), è pieno di motivational alla dieta sana-vegana-naturale dove tutto è un succo, un frullato, un centrifugato, dove anche il burro di noccioline è autoprodotto e ovviamente non sei nessuno se non servi ogni tua pietanza in fantastici piatti dai colori pastello con arredamento in stile shabby-chic.

La rete pullula di articoli su quanto sia fantastico mangiare solo prodotti di filiera corta, dedicare il proprio tempo libero alla meditazione, nutrire il proprio Karma e ripristinare il contatto con la natura.

Vai in libreria e ti imbatti in ‘The China Study’, un libro (che ancora non ho letto) che ha convertito alla dieta vegana la metà delle mie amiche, e in mille e più varianti sul tema buddismo, comprese le spiegazioni romanzate per chi, come me, proprio non GLIELA fa.

Ok. Io apprezzo tutto. Adoro la cucina sana e naturale, perché di mio amo qualsiasi cosa sia verdura e aborro la carne (non sono vegetariana: non toccatemi la bresaola e il petto di pollo all’arancia), credo che mettendo in circolo il bene prima o poi torni il bene, passerei le mie giornate in riva al mare a calmarmi i nervi ascoltandone il rumore.

Ma, per l’appunto… sono umana. Ho il ciclo una volta al mese (e tutto ciò che ne consegue nella fase pre: alle lettrici, ditemi se anche voi vi trasformate nella sorella cattiva di Hulk come me), ho giorni neri, pochissimo tempo libero, fasi di scazzo, mattinate metereopatiche, ho dei datori di lavoro, ho la casa da pulire, ho il conto in banca che langue 360 giorni all’anno. Ho delusioni, momenti di sfiducia verso l’umanità, crisi di identità.

Sarebbe meraviglioso poter risolvere tutto solo sedendosi davanti a una cena a base di germogli di soia e spaghetti di zucchine, passeggiando nella natura e ripetendo il proprio mantra 27 volte.

Ovviamente, non è così. E allora ok: ben venga il ‘bio’, ma che sia più umano. Adattarlo alla nostra mediocre umanità: questo mi piacerebbe.

Magari mi faccio un piatto di carbonara, però riesco a regalare un sorriso a qualcuno che ne ha bisogno.

Magari non ho il tempo di passeggiare lungo un sentiero di cespugli di frutti di bosco, ma mi ricordo di chiamare la mia amica che ha perso il lavoro/il fidanzato/entrambi e sta un pò così, per velocizzare il processo di guarigione e ritorno alla lotta.

Magari compro un sapone che non è 100% naturale ricavato dalle essenze delle foglie di aloe riciclata, ma troverò il tempo di farmi una risata con lui nonostante per entrambi sia stata una giornata da schifo.

Magari non riesco ad andare alla lezione di Yoga dinamico che riequilibra spirito e corpo, ma sono attenta alle piccolezze delle vite altrui, di quegli altri che mi gravitano intorno, e mi ricordo di abbracciarli più spesso.

Ecco: se vivessimo ‘bio’ in tal senso, io sono sicura che davvero saremmo tutti più splendenti.