C’ERO UNA VOLTA

Una volta c’ero io che quando ero troppo triste o troppo felice scrivevo.

Riempivo pagine, fogli, pixel, diari, agende, angoli di quaderni destinati ad altro-  riempivo sms e a volte li spedivo anche.

Scrivevo e scrivevo, e addirittura ho scritto Alice, l’ho creata, le ho dato vita, questa piccola eroina che mi ha regalato una felicità immensa e un sogno avverato.

Poi, non so come né perché, ho smesso.

I quaderni si sono riempiti solo di calcoli e appunti utili, “da grandi”. Alice ha continuato a vagare per il mondo, almeno lei, e ogni tanto mi arriva una sua cartolina tutta sorrisi e felicità. Le agende, un pò impolverate nei cassetti, sono rimaste a metà. A volte mi chiamano, provano a invogliarmi, tutti quei fogli bianchi e tutte le penne colorate che ho da parte, ma è raro che ci riescano.

Gli sms li scrivo ancora, quelli si. Sono sempre lunghissimi e pieni di tutto il dolore, la gioia, la rabbia, la speranza, il risentimento. Però ho smesso di inviarli.

La verità, che mi è giunta luminosa in una sera nerissima di autunno pieno, è che io ho sempre scritto degli altri. Anche quando parlavo di me, io parlavo di come gli altri mi facevano sentire o non sentire, di quello che scoprivo attraverso loro, di tutta la gamma di sentimenti che ho provato guardando qualcuno negli occhi, di quello che c’era dentro ogni abbraccio che davo. Scrivevo dei miei sogni, ma i miei sogni ruotavano intorno a un uomo, un gatto, un’amica, un progetto ideato in due o in tre o in dieci.

Di mio, avevo carta e penna: quello che poi diventava inchiostro io l’ho sempre preso da chi mi circondava, da coloro che ritenevo i pilastri del mio piccolo microcosmo.

E adesso quel cosmo si è disgregato. Malamente esploso in un milione di stelle – questo è quello che mi piace pensare, ma in realtà un paio di bombe nucleari, per quanto poco poetiche, sarebbero l’immagine più adatta.

Non mi sono rimaste ispirazioni per le mie lacrime, per le mie felicità, per i miei piccoli rancori e la mia rabbia. Sono io con me, per la prima volta dopo molto tempo, o forse per la prima volta in assoluto. Tutto pesa quattro volte di più – anche il rumore della pioggia, anche la penna tra le dita.

Per un pò, addirittura, ho smesso di scrivere per non perdermi un fiato di chi avevo accanto. Nutrivo me stessa con i fotogrammi della mia giornata con lui, con le pieghe delle sue camicie, coi suoi desideri e le sue negazioni. Ho smesso di darmi quello che volevo, non ne avevo il tempo: ero troppo spaventata, temevo di perdermi un attimo che lo riguardasse, un secondo, un momento che era tutto quello che mi sembrava di volere. Temevo e amavo, e per questo ho smesso anche di scrivere.

Adesso non ho più camicie di cui contare le pieghe, occhi in cui cercare la verità non detta, mani da stringere troppo per l’ansia che mi sfuggissero.

Forse, stavolta, dopo anni, finalmente… posso scrivere di me.

Sometimes it lasts in love, but sometimes it hurts instead

Un pensiero su “C’ERO UNA VOLTA

  1. E’ un peccato che la consapevolezza di sé debba passare per forza da una mancanza.
    Per quel che vale, le tue parole mi hanno sempre raccontato di te, ed è sempre stato un racconto prezioso.
    Ti bacio :*

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