Se non ci si risolleva l’animo neanche nel giorno di paga, bé, allora la situazione è grave davvero.
Detto questo, oggi voglio parlarvi di un libro.
Un bel libro che ho letto qualche tempo fa, comprato alla Feltrinelli mentre, come sempre, ero alla ricerca di qualcosa da leggere che un pò mi consolasse, un pò mi svagasse, un pò mi fosse d’ispirazione (sono di poche pretese, si).
E ho trovato lui. Bello già dalla copertina: una ragazza che, con l’ombrello aperto, si ripara da una pioggia di deliziosi cuoricini rossi.
Il titolo: Olivia, ovvero la lista dei sogni possibili. Come potevo lasciarlo lì, con una promessa/premessa simile?
L’autrice è Paola Calvetti, scrittrice e giornalista milanese che peraltro è pure diplomata in Lingue (sarà che a lei siano servite?). Scrive bene, molto bene, a mio parere. Una scrittura fluida e semplice che ‘disegna’ le cose, più che raccontarle. Nel senso che le sue scene le vedi davanti agli occhi, nella tua cucina (povero il mio ragazzo che vive con me e con le mie allucinazioni!), tanto sono tratteggiate bene.
La storia, pur essendo un tantino banaluccia, è anche molto veritiera,a tratti ottimista. E’la storia di Olivia, poco più che trentenne, laureata e ‘masterizzata’ (rivedetevi la categoria: i neologismi di cui avevamo un estremo bisogno) in marketing o giù di lì, super precaria, che di punto in bianco, sotto Natale, perde il suo posto di lavoro come addetta stampa in un ufficio di comunicazione.
La causa? Eh beh, ve lo chiedete pure? Sempre lei, la mia miglior nemica! La crisi.
Così, dopo un pomeriggio solitario di pianti, disperazioni, sms non risposti di una migliore amica preoccupata e un pò sensitiva, Olivia inizia a chiedersi cosa può fare per restare a galla, reinventarsi e sfruttare quella resilienza che a noi giovani laureati d’oggi viene richiesta o data per scontata quasi come fosse un cromosoma aggiuntivo del nostro Dna (tipo: le giraffe col collo lungo se no non mangiavano le foglie degli alberi, noi con la resilienza se no faremo la muffa a casa per il resto della vita. Mi seguite si?)
Di qui, morbidamente, mentre fuori cade la neve, la storia prosegue, con Olivia che tira fuori dalla memoria gli insegnamenti della dolce nonnina, stilando liste più o meno fattibili per risparmiare, evitare di dover tornare a vivere coi suoi, riciclarsi nell’attesa di trovare un nuovo lavoro, il tutto scritto con grazia e dolcezza.
Poi c’è Diego (secondo voi poteva mancare un lui?), ombroso e complicato, uno di quelli con le classiche ferite-poco-rimarginate che solo l’amore vero potrà salvare, e ci sono i fili del destino che s’intrecciano… insomma, non vi svelo il finale ma ci potete tranquillamente arrivare da soli: l’amore è il senso, l’amore salva tutto, al lavoro poi ci si pensa, ecco.
Per carità: libro carinissimo. L’ho letto d’un fiato, in un paio di sere in cui ero alla ricerca di risposte (mai trovate, ovviamente), e mi è piaciuto davvero.
MA.
Avrei giusto un paio d’appunti da fare alla Paoletta Calvani, quello che IO avrei scritto per rendere il libro ancora più attuale e veritiero. Li faccio senza cognizione di causa, avvalendomi solo della mia (ampia) esperienza di laureata a-tratti-precaria-a-tratti-disoccupata, senza nulla togliere allo stile e all’indiscussa bravura dell’autrice.
1.Olivia ripercorre i suoi trascorsi lavorativi post-laurea. Ecco, a parte un paio di stage non pagati, o pagati poco, e qualche esperienza da baby sitter, poi taaac!, c’è subito IL LAVORO. Precario, okkei. Ma IO pagherei sangue lacrime e sudore (come sono melodrammatica certe volte!) per essere precaria svolgendo il lavoro dei miei sogni (o comunque un Bel Lavoro), piuttosto che esserlo comunque per fare quello che faccio adesso (stendiamo un velo pietoso, anzi, avendo finito i veli, stendiamo un piumone di pietà). Inoltre, di media, un laureato dei nostri tempi passa prima attraverso biliardi e triliardi di esperienze lavorative come lavapiatti, pelacarote, tata, portagiornali e vernicia-steccati (esistono ancora?) prima di trovare anche solo uno STAGE SENZA RIMBORSO che riguardi il campo per cui ha studiato. Ecco perché poi lo accettiamo, soldi o non soldi.
2.Se uno perde il lavoro, cara Paola… perde il lavoro. E se vivi in affitto, com’è il caso della nostra protagonista, c’è poco da fare gli schizzinosi. L’affitto non puoi più pagarlo: quindi O trovi all’istante un altro lavoro, O trovi un ricco sceicco arabo che s’innamori di te alla follia e decida di mantenerti, O torni da mammà. Anche se questo vorrà dire, probabilmente, il coprifuoco alle ore 23.00, carboidrati a pranzo e a cena e lunghe dissertazioni sul perché non ti prendi abbastanza cura del tuo bucato.
3.L’amore redime, salva e aiuta. Siamo d’accordo e ci credo fermamente (testato sulla mia stessa pellaccia). Redime, salva e aiuta, appunto. Poi basta. Nel senso che se sei disoccupata e trovi l’amore della tua vita, resti disoccupata. Certo, magari per un pò te ne freghi, per un periodo ci pensi di meno, la vita ti dà altre soddisfazioni e riesci anche a sorridere. Ma il lavoro, se manca, continuerà a mancare.
Quindi #sapevatelo: se mai scriverò un libro, io il lieto fine non lo metto! Oh!
P.S.vi rinnovo l’invito a stalkerarmi tramite la sezione contatti… se no poveretti, stanno lì tristi e soli e si sentono inutili! 😉